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L'esperienza di un giovane cresciuto e  formato nel fascismo e trovatosi, per scelta consapevole, a "combattere" la guerra in Germania dietro al filo spinato: vicende narrate seguendo fedelmente la documentazione originale e le lettere autografe inviate ai familiari dall'agosto 1942 all'agosto 1945.

Il racconto diretto e coinvolgente di una storia vera, quella vissuta dal Capitano Veterinario Federico Corrado, padre dell'autore, nel campo di prigionia germanico di Zeithan, tra i soldati italiani malati di TBC, che ha cercato di strappare alla morte, sino alle ultime drammatiche giornate di guerra, passando dalle fucilazioni di massa alla concitata fuga e al logorante viaggio per tornare a casa.

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IMI, Internati Militari Italiani, è la definizione data da Hitler ai militari italiani che furono catturati dai tedeschi e portati nei lager in Germania. Tra questi IMI ci fu Ciotti Tullio, giovane bracciante di Passaggio di Bettona (PG). La sua storia di prigionia e di guerra è quindi non individuale, ma collettiva. Le sue sofferenze, le angherie, i soprusi subiti, la nostalgia, la fame, il freddo, le umiliazioni non furono "patrimonio" solo di Tullio, ma di tutti gli italiani vittime di una guerra che la maggioranza di loro non aveva voluto. 


Era il 25 dicembre 1985 quando nostro padre, Giuseppe, ci fece dono di una raccolta di scritti relativi ad appunti presi durante l’internamento nei campi di prigionia e di lavoro nazisti, nel periodo intercorrente tra il 1943 ed il 1945, con l’auspicio che non andassero perduti. 

Sono trascorsi oltre 22 anni da quando ci ha lasciato ma quegli scritti sono stati gelosamente custoditi e rileggerli oggi ci ricordano le sofferenze e gli stenti cui lui, come gli oltre seicentocinquantamila militari italiani che ne hanno condiviso la sorte, hanno dovuto patire.

Zeithain, Sassonia, ottobre 1943: in un lager in cui sono morti già migliaia di prigionieri sovietici, giungono alcune tradotte con feriti, malati e personale medico italiano catturati dalla wehrmacht dopo l'8 settembre. Presto si uniscono a loro altre migliaia di ex soldati italiani, brutalmente logorati dal lavoro coatto nelle fabbriche e nelle miniere del Reich. Per i tedeschi è un ospedale militare: per oltre 800 IMI sarà un Lager di morte per fame e TBC. La ricerca - propone un elenco rivisto dei caduti e utilizza fonti inedite - ricostruisce una vicenda di resistenza e testimonianza con i corpi pagata a caro prezzo e a lungo poco ricordata.

Pubblicare diari, memorie o epistolari di guerra o di prigionia non costituisce più una novità assoluta: ogni anno il numero cresce e tuttavia, sebbene si tratti spesso di esperienze di grande valore storico, la prospettiva tende sempre a restare individuale. La novità del saggio non risiede solo nelle vicende narrate o nei materiali utilizzati, diversi inediti o comunque poco conosciuti, ma nella ricostruzione del tessuto connettivo delle relazioni personali tra i diversi ufficiali Internati Militari Italiani (IMI) che condivisero l’esperienza della prigionia dopo l’8 Settembre 1943 nel campo di concentramento di Hammerstein in Prussia orientale (oggi Czena, in Polonia). Da questo quadro particolareggiato, attraverso la comparazione e l’analisi delle pagine scritte dai protagonisti, si comprende il sofferto processo di elaborazione della scelta di ‘non collaborare’, di non aderire alla Repubblica di Salò, dando vita alla «Resistenza senza armi», pagina ancora poco conosciuta in Italia.

Io, Carmela Russo, narro le vicende di mio padre da semplice soldato nell'aeroporto di Catania in Sicilia, ai Balcani in Grecia; qui catturato dai tedeschi dopo l'Armistizio dell' 8 settembre 1943 e fatto prigioniero, in viaggio poi verso il Baltico; ed I.M.I. (Internato Militare Italiano) in vari lager nazisti. Soffre la fame, il freddo e subisce angherie tra minacce e sfruttamento sottoposto al lavoro coatto. All'interno della narrazione trovano spazio le cruenti vicende storiche di guerra subite dai miei familiari nel territorio di Castiglione di Sicilia, con particolare riferimento all'Eccidio del 12 agosto 1943 dove fu trucidato mio suocero Salvatore Portale, ai bombardamenti del 13 agosto che provocarono incendi e devastazioni di abitazioni ridotte in macerie. Le vicissitudini per la ricostruzione nel dopoguerra hanno segnato la mia vita sin dalla tenera età, con ripercussioni fino ad oggi in famiglia. Per me è stato difficile e doloroso entrare nel mio passato, coraggioso raccontarlo, ma sicuramente mio padre ne sarà orgoglioso anche se da lassù! Affido le memorie ai miei nipoti perché conoscendo il passato possano contribuire a costruire un futuro migliore!"

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